È stato quasi un processo pubblico a Nino Sarratore, il celebre personaggio de L’amica geniale di Elena Ferrante. Ma soprattutto, è stata un’occasione per riflettere su quel tipo insopportabile che – con intelligenza e carisma – seduce e confonde, lasciando ferite profonde in chi ne rimane affascinato.
MENTRE MORIVO di William Faulkner


Perché è un romanzo che sfida e sorprende. Mentre morivo è un viaggio fisico ed esistenziale nella provincia profonda dell’America del Sud, una meditazione corale sul dolore, la famiglia, la morte e l’assurdità della condizione umana. È un libro che allena a leggere in profondità e ad ascoltare voci diverse, spesso contraddittorie, ma tutte terribilmente vere.
Cosa ci è piaciuto di più?
Il modo in cui l’autore costruisce i monologhi interiori: ogni capitolo è il punto di vista di un personaggio, con una voce unica e potente, e il lettore si muove tra pensieri confusi, poesia, ironia, disperazione. Ci è piaciuta soprattutto la capacità dell’autore di rappresentare il quotidiano con uno sguardo lirico, crudele e compassionevole allo stesso tempo, dando spessore anche alle piccole cose che accadono lungo la strada, in un viaggio che è carico di simboli archetipici e allegorie.
C’è qualcosa che non abbiamo gradito?
Non è un romanzo facile: la narrazione frammentata, la molteplicità dei punti di vista e l’uso di una lingua a tratti spiazzante possono rendere la lettura impegnativa, soprattutto all’inizio. Richiede pazienza e attenzione, ma il viaggio vale ogni sforzo.
Frase da sottolineare:
“Fu allora che capii che le parole non servono a nulla; che le parole non corrispondono mai neanche a quello che tentano di dire. Quando nacque mi resi conto che maternità era stata inventata da qualcuno che doveva trovarle una parola perché a chi i bambini li ha avuti non gli importava nulla se c'era una parola o no. Mi resi conto che paura era stata inventata da qualcuno che non aveva mai avuto paura; orgoglio, da qualcuno che di orgoglio non ne aveva mai avuto.
...
Mio padre diceva che la ragione per cui si vive è per prepararsi a restare morti. Finalmente avevo capito quello che intendeva dire, e che neppure lui poteva sapere quello che intendeva dire perché uno, dopo, che ne sa di come mettere in ordine la propria casa. E così misi in ordine la mia casa. Con Jewel - giacqui lì con la lampada accanto, tenendo su la testa, guardandolo arrestare il flusso e suturare prima ancora che lui respirasse - il sangue selvaggio finì di bollire e cessò di risuonare. Poi ci fu solo il latte, caldo e tranquillo, e io che giacevo lì nel silenzio lento, preparandomi a mettere in ordine la mia casa.
Detti a Anse Dewey Dell per annullare Jewel. Poi gli detti Vardaman per rimpiazzare il figlio di cui l'avevo defraudato. E adesso lui ha tre figli che sono suoi e non miei. E allora potei prepararmi a morire.
Un giorno stavo parlando con Cora. Si mise a pregare per me perché credeva che fossi cieca al peccato, e voleva che anch'io m'inginocchiassi a pregare, perché la gente per cui il peccato è solo una questione di parole per loro anche la salvezza non è altro che parole.”
Manuela Costantini consiglia questa lettura e ci racconta questa curiosità:
Faulkner scrisse questo quinto romanzo in sei settimane: era l'estate del 1929, aveva trentadue anni, e lavorava di notte come operaio in una centrale elettrico. Scriveva “nelle ore di minor lavoro, tra la mezzanotte e le quattro del mattino, usando come tavolino una carriola capovolta.
Dal libro è stato tratto nel 2013 il film As I Lay Dying scritto, diretto ed interpretato da James Franco.
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