IL NOME DELLA ROSA di Umberto Eco

24.08.2025

Perché lo consigliamo?

Perché “Il nome della rosa” è un giallo-storico di Umberto Eco che trascina il lettore, pagina dopo pagina, a una profonda riflessione filosofica sul sapere e i suoi confini. Un romanzo che affascina e invita a varcare le porte invalicabili della “biblioteca”, luogo intorno (e dentro) al quale ruota la trama del libro. La narrazione prende avvio attraverso l’espediente letterario del manoscritto ritrovato. L’autore sostiene infatti di essere entrato in possesso di un antico scritto, che riporta gli eventi vissuti nel 1327 dal novizio Adso da Melk. Le vicende sono ambientate in un’abbazia benedettina del Nord d’Italia, dove il giovane si reca insieme all’ex inquisitore francescano Guglielmo da Baskerville. Prima del loro arrivo, il monastero viene sconvolto da una serie di omicidi che sono strettamente connessi ai segreti della sua biblioteca. Sarà proprio Guglielmo a indagare sui fatti accaduti, una sorta di Sherlock Holmes medievale, e grazie alle sue intuizioni e all’aiuto di Adso, troverà la soluzione del caso. Il lettore viene letteralmente catapultato nella storia medievale, tra intrighi, veleni e libri proibiti: siamo nel periodo storico segnato dalla lotta contro le eresie e dal più accanito oscurantismo religioso. La biblioteca diventa il luogo proibito – se non della perdizione- e viene infatti descritta come un labirinto, nel quale scoprire tesori e al contempo insidie 
 

Cosa ci è piaciuto di più?

Si parla di progresso in un’epoca ancora piena di dogmi. La scienza è rappresentata dalla figura di frate Guglielmo che considera le nuove generazioni “nani sulle spalle dei giganti”. La fiducia verso il futuro è il frutto delle esperienze passate. Importante è il tema della condivisione del sapere umano e delle scoperte del frate inquisitore, all’epoca strettamente confinati tra le menti dei dotti. In questa storia Guglielmo lo vediamo scagliarsi contro il comportamento dei monaci dell’abbazia che cercano di nascondere i loro manoscritti al mondo esterno. Tuttavia, è lo stesso frate a dover ammettere, alla fine del suo lavoro nell’abbazia, l’impossibilità di raggiungere una conoscenza assoluta
 

C’è qualcosa che non abbiamo gradito?
Nulla.
 

Frase da sottolineare:

““Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (La rosa del passato esiste solo nel nome, noi possediamo solo nudi nomi), è la frase con cui si conclude il romanzo. Nella frase originale di Bernardo Di Cluny al posto del termine rosa vi è Roma, per indicare la caduta della città, mentre Eco vuole sottolineare la caducità di tutte le cose: tutto è in divenire, ciò che resta alla fine è solo il nome.
 

Ilaria Muccetti consiglia “Il nome della rosa” pubblicato nel 1980 dalla casa editrice Bompiani. Nel 1986 Jean-Jacques Annaud ne ha diretto l’omonimo film con Sean Connery e Christian Slater. Nel 2019, la Rai ha mandato in onda la miniserie “Il nome della rosa”, una produzione italo-tedesca, di otto puntate con John Turturro e Rupert Everett


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