Perché lo consigliamo?
Perché Un amore è un romanzo sorprendente, che scava con coraggio e lucidità in un’ossessione amorosa squilibrata e dolorosa, senza sconti e senza consolazioni. Lo consigliamo perché è Buzzati al massimo della sua potenza espressiva e metafisica, pur muovendosi su un piano apparentemente più realistico: nessun “deserto”, nessuna fortezza, solo Milano, cemento, telefoni e un uomo che si perde per una donna che non lo amerà mai davvero. È una riflessione disarmante e spietata sull’amore che si trasforma in dipendenza, sull’attesa che si fa malattia dell’anima, sull’illusione di poter afferrare ciò che, per sua natura, sfugge.
Cosa ci è piaciuto di più?
La capacità di raccontare una relazione sbilanciata e ambigua con precisione quasi chirurgica, ma anche con struggente empatia. Buzzati entra nella psicologia del protagonista, Dorigo, un uomo comune che si innamora in modo totalizzante di Laide, una ragazza più giovane, ambigua, sfuggente. E non giudica né Dorigo né Laide: li osserva nella loro complessità, nel loro bisogno, nella loro debolezza. Ci è piaciuta la modernità del romanzo: scritto nel 1963, parla di dipendenze affettive, solitudine, sogni proiettati su altri. E dell’ambivalenza di entrambi i personaggi, l’alternanza continua tra attrazione e rifiuto, cinismo e tenerezza. E ci ha colpito moltissimo il fatto che, dietro la relazione di superficie, si nasconda una grande metafora esistenziale: l’amore come tentativo di sfuggire alla solitudine e alla morte.
C’è qualcosa che non abbiamo gradito?
La visione dell’amore è volutamente claustrofobica, pessimista, a tratti disturbante. Non c’è redenzione, né consolazione: Un amore è il ritratto di un rapporto malato, sbilanciato, e non c’è mai la possibilità di un vero incontro tra i due personaggi. Chi cerca una storia d’amore rassicurante resterà spiazzato. Ma questa “scomodità” è anche il valore più autentico del libro: non ci sono eroi né vittime, solo esseri umani alla ricerca di senso. Ma è questo – anche questo – che rende il romanzo così potente.
Frase da sottolineare:
"In lei, Laide, viveva meravigliosamente la città, dura, decisa, presuntuosa, sfacciata, orgogliosa, insolente. Nella degradazione degli animi e delle cose, fra suoni e luci equivoci, all’ombra tetra dei condominii, fra le muraglie di cemento e di gesso, nella frenetica desolazione, una specie di fiore."
“La consolazione, la felicità era tale che il modo di raggiungerla non aveva più alcuna importanza."
Consiglio di lettura di Manuela Costantini.
Il romanzo è stato oggetto di critiche, con accuse nei confronti di Buzzati di arido intellettualismo e di mancanza di passionalità.
Pare che la relazione di Buzzati con l'attrice Maria Antoniazzi, che era più giovane di lui, sia stata una delle fonti di ispirazione per il romanzo.
Da questo romanzo è stato tratto il film del 1965, dal titolo omonimo, diretto da Gianni Vernuccio, con Romano Brazzi e Agnès Spaak quali interpreti dei protagonisti.