Perché lo consigliamo?
Bukowski
non è a colori, nonostante il linguaggio colorato da lui usato, è un autore che
o è amato o è odiato. Le vie di mezzo non esistono con Buk e così in Pulp, per
questo lo consigliamo: sublime e surreale, il degrado sociale del mondo
contemporaneo (gli anni '90 del secolo scorso) sono riportati in questo suo
meraviglioso lavoro con l'usuale ironia che lo contraddistingue. Nick Belane,
un detective depresso e con una pancia ingombrante, "squattrinato", e con tre
matrimoni alle spalle. Alle prese con i casi più disparati, la prima cliente
del protagonista è la Signora Morte, la quale ingaggia Belane
affinché trovi un uomo estremamente somigliante allo scrittore francese
idolatrato da Bukowski, Céline, e che, addirittura, potrebbe essere lo stesso,
nonostante risulti morto da più di trent'anni. Molti i riferimenti anche
letterari allo scrittore Hemingway, per non parlare del divertente azzardo di
creare due scagnozzi dotati di nomi inconfondibili: Dante e Fante. Pulp è un
romanzo esistenziale ma esilarante, è l'ultima opera di Buk, scritta in piena
consapevolezza della propria malattia: rivela, infatti, come il pensiero della
morte fosse diventato per lui ormai fisso. Con quest'opera cala
definitivamente il sipario su uno scrittore fuori dalle righe, che con
indifferenza sarcastica ha saputo, meglio di chiunque altri, rappresentare il
mondo del '900.
Cosa ci è piaciuto di più?
Per la
prima volta il nome del protagonista cambia, non più l'Henry Chinaski alter ego
dell'autore, bensì Nick Belane, "il più dritto investigatore di Los Angeles".
Un personaggio tipicamente bukowskiano: insoddisfatto, al verde, bevitore,
scommettitore di cavalli e dal linguaggio scurrile, ma come tutti i
protagonisti di Buk capaci di profonde riflessioni sul senso della vita e, in
quest'ultimo caso, sulla morte. Resta lo stile inconfondibile di Bukowski e la
sua grande capacità di affrontare tematiche pesanti e tedianti (quali la morte)
con estrema serietà intrecciata ad una vena di spirito ilare, da rendere la
lettura piacevole e non ammorbante.
C'è qualcosa che non abbiamo gradito?
Nulla!
Frase da sottolineare:
"Spesso
i momenti migliori della vita erano quando non facevi un bel niente, rimanevi a
rimuginare, a meditare. Voglio dire, ammettiamo che capiate che sia tutto privo
di senso, in questo caso non può essere totalmente privo di senso perché tu sei
cosciente di questa profonda inutilità e questa coscienza di inutilità alla
fine quasi restituisce un senso a tutto. Capite cosa voglio dire? Un
ottimistico pessimismo."
Questa proposta di oggi arriva da Ilaria Muccetti e precisa che questo libro è stato pubblicato postumo nel 1994.